La spartizione delle colonie

L’incremento demografico che caratterizzò gli inizi del XIX secolo negli Stati Uniti spinse la popolazione a espandersi verso occidente, in regioni ricche di risorse e abitate dai nativi, che purtroppo ebbero la peggio: vennero sterminati o costretti a emigrare in regioni aride e malsane. Tra il Nord e il Sud degli Stati Uniti c’erano profonde differenze socio-economiche: il Nord prediligeva una politica protezionistica e abolizionista (abolirono la schiavitù favorendo l’emancipazione dei neri), il Sud prediligeva una politica schiavista e liberista.

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Nel 1830 si formò un movimento politico che premeva per l’abolizione della schiavitù in tutta l’Unione. Nel 1860 la situazione mutò notevolmente: eletto presidente Abraham Lincoln, sostenitore dell’abolizionismo, gli Stati del Sud organizzarono la secessione, separandosi dall’Unione e fondando la Confederazione degli Stati del Sud. La guerra civile tra nord e sud fu lunga e sanguinosa (1861-1865), provocando migliaia di morti. La vittoria andò ai nordisti che decretarono l’abolizione della schiavitù.
La cartina riporta i confini degli Stati dell’Unione e quelli degli Stati confederati. Individuali sulla carta.

Stati dell’Unione
Stati Confederati

Rifletti

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L’industrializzazione e il progresso tecnologico del XIX secolo rafforzarono il predominio mondiale che l’Europa deteneva dal Cinquecento: la necessità di materie prime e di mercati di sbocco per le merci prodotte in patria portarono alla constatazione di dover creare imperi coloniali destinati a divenire mercati riservati. Chi ne pagò le spese fu l’Africa, che dopo la conferenza di Berlino fu divisa tra Germania, Belgio, Francia, Inghilterra e anche Italia.

Osserva la cartina che riporta la spartizione dell’Africa tra le potenze europee, quale Paese conquistò le posizioni di maggior rilievo?

Francia
Italia
Inghilterra
Germania
Belgio

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La costruzione di vasti imperi coloniali in Asia e in Africa con lo scopo di allargare il mercato per i propri prodotti diede vita all’imperialismo economico, politico e sociale. In Italia forte sostenitore di quel colonialismo, non più sostenuto dall’idea di poter creare nuove rotte commerciali, ma dalla conquista militare e dall’acquisizione di interi paesi, era Giovanni Pascoli. Nel discorso La grande proletaria si è mossa, pronunciato nel 1911, appoggiò l’impresa coloniale italiana in Libia, sostenendo la necessità del popolo italiano di trovare spazi di lavoro, così da vincere la piaga dell’emigrazione. Inoltre il Paese aveva bisogno di dimostrare il proprio valore militare, presentandosi come nazione “forte” agli occhi dell’Europa. Pur avendo cambiato drasticamente la visione del mondo, che non è più quello visto con gli occhi del fanciullo, nella sua ideologia sono sempre presenti tuttavia motivi psicologici ed esistenziali: la difesa di quel “nido” e della famiglia, tema cardine della poesia pascoliana, diventa esaltazione della famiglia di tutti gli italiani, della nazione, all’interno della quale non ha senso la lotta di classe ma occorre la cooperazione di tutti.
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I rapporti tra i bianchi e i nativi negli Stati Uniti si inasprirono man mano che i primi avanzavano verso ovest. Alla fine le popolazioni native furono costrette a trasferirsi in territori inospitali e privi di risorse, le “riserve”, da cui non potevano uscire senza permesso. Tra coloro che cercarono di fermare l’avanzata dei bianchi vi fu il capo sioux Toro Seduto, che guidando l’alleanza delle tribù native, difese sempre i diritti del proprio popolo, facendosi promotore della resistenza armata contro l’esercito.
Fai una ricerca su questo personaggio storico, componendo un breve testo della sua biografia, esaltando il suo operato durante la guida delle sue tribù contro i bianchi.