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Articolo 111

La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.
Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.
Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo.
Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore.
La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita.
Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.
Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra.
Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Che cosa significa? Questo lunghissimo articolo stabilisce le norme che regolano il processo. L'attuale formulazione non è quella originaria, perché l'articolo è stato riformato nel 1999, stabilendo i principi del cosiddetto “giusto processo”.
Il processo penale deve essere caratterizzato da:

  • una riserva assoluta di legge, cioè deve essere disciplinato dalle leggi approvate dal Parlamento;
  • una decisione terza e imparziale (il magistrato deve essere del tutto neutrale);
  • una ragionevole durata (un processo non deve essere protratto troppo a lungo);
  • una concreta possibilità di difesa (all’accusato devono essere garantiti tutti i mezzi necessari a costruire la propria difesa);
  • un’adeguata informazione sulla natura delle accuse a carico dell’imputato;
  • un’effettiva parità fra accusa e difesa (ovvero, alle parti in causa deve essere garantito il diritto a presentare tutte le prove ritenute pertinenti e rilevanti);
  • un contraddittorio nel processo di formazione della prova (le dichiarazioni di un accusatore che rifiuta di essere interrogato dai legali di un imputato non possono essere utilizzate come prova).

Ma perché...? Per capire che cosa significa “giusto processo” possiamo considerare alcuni aspetti di questo articolo.
Il giusto processo prevede il contraddittorio: ciò significa che un accusato ha il diritto di far interrogare l'accusatore dal proprio avvocato (come si vede spesso nei film americani).
Le parti (accusa e difesa) si trovano infatti in una condizione di parità.
Perché un processo sia giusto, l'accusato deve sapere per tempo di che cosa è accusato. In caso contrario, non può organizzare la propria difesa.
Un altro aspetto è interessante: l'uso di interpreti a favore di chi non è in grado di capire la nostra lingua. Può apparire un aspetto secondario, quasi scontato, eppure è un elemento di fondamentale importanza per garantire all'accusato di comprendere ciò che avviene in aula e le accuse che gli vengono mosse e che in un paese di recente immigrazione come il nostro è un segno di civiltà giuridica.

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